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Lidia Bachis "Zen and Guns" 2001
olio su pvc cm. 100 x 110 |
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Lidia Bachis "Autoritratto", 2002
olio su pvc cm. 60 x 60 |
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Lidia Bachis "Baby Killer", 2001
olio su pvc cm. 130 x 70 |
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Lidia Bachis "Bruna respira", 2001
trittico
olio su pvc cm. 100 x 300
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Lidia Bachis "Candy Eyes", 2001
olio su pvc cm. 110 x 140 |
Vi è un binomio sul quale l'uomo contemporaneo
occidentale, sembra aver incentrato ormai
da parecchi decenni il proprio stile di vita
ed il proprio pensiero: essere e sembrare
.
L'uomo contemporaneo occidentale
oggigiorno
sembra aver dato maggior importanza
al "sembrare"
piuttosto che all' "essere"
nascondendo
con una sorta di ingiustificata
vergogna
l'"essere".
Questo atteggiamento frutto di
un ancestrale
egoismo è stato acutizzato dal
cosiddetto
"crollo delle ideologie"
culminate
nel crollo delle "due torri".
L'"essere"
agonizzante, se qualche decennio
fà, poteva
avere un barlume di sopravvivenza
oggigiorno
sta svanendo come una sorta di
miraggio.
E' proprio su questa amara riflessione
che
si inserisce con maestria il
lavoro pittorico
di Lidia Bachis, che sebbene
in prima analisi
sembri di facile lettura, non
lo è ad una
lettura più approfondita. Lidia
Bachis a
mio giudizio può essere definita
un'artista
"verista", certamente
non nel senso
stretto di verismo di verghiama
memoria,
ma esponente di un nuovo verismo,
una sorta
di "verismo metropolitano";
verista
poiché descrive con lucida attenzione
l'uomo
di oggi e ne sà cogliere gli
aspetti psicologici
più profondi.
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Lidia Bachis "Fior d'arancio", 2001
olio su pvc cm. 100 x 50 |
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Lidia Bachis "Green", 2001
olio su pvc cm. 60 x 80 |
I soggetti principali di Lidia non sono i
paesaggi urbani o le strutture metropolitane,
ma bensì la figura umana all'interno di questi.
La Bachis dipinge di preferenza la figura
femminile, la serie delle geishe metropolitane
non sono altro che la fotografia di quell'essere
donna all'interno della struttura d'acciaio
e cemento della metropoli. "Geishe -
ragazzine" dallo sguardo a volte dolce
e perso all'orizzonte (Fior d'azzurro), altre
volte pronto alla sfida (Candy Rocket, Green).
Ragazzine metropolitane che sebbene
non abbiano
ancora imparato a truccarsi (Eva
contro Eva
2), hanno già imparato ad usare
pistole e
kalashnikov. Ecco allora la seconda
lettura
dell'opera della Bachis, di quell'essere
- sembrare, teen ager - amazzone
del terzo
millennio, che l'artista vuol
presentare
in prima lettura e denunciare
in seconda
lettura. Le "guerriere -
ragazzine"
della Bachis sono all'apparenza
forti, ma
questa loro forza è solo ed esclusivamente
una maschera volta a proteggerle
dagli attacchi
di questa società che non sentono
e non vogliono
accettare. Questa forza - debolezza
la si
intuisce chiaramente nell'ideogramma
tatuato
che portano sul corpo, un ideogramma
giapponese
che rappresenta una sorta di
simbolo scaramantico.
Il tatuaggio è simbolo ancestrale
della forza
e l'amuleto simbolo della debolezza,
di colui
che deve portarlo al fine di
avere una forza
soprannaturale che lo difenda.
Questo è il
ritratto delle geishe - metropolitane
che
Lidia Bachis vuole rappresentare. |
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Lidia Bachis "Il Cane di Gina", 2002
olio su pvc cm. 60 x 60
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Lidia Bachis "Il ventre di Gina", 2002
olio su pvc cm. 60 x 60
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