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Angelo Bellobono "Armi chimiche"
acrilici su tela cm. 152 x 147 |
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Angelo Bellobono "Before"
acrilici su tela cm. 100 x 100 |
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Angelo Bellobono "Circuito"
acrilici su tela cm. 40 x 40
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Lacrime e sudore subito sotto l'immagine
di Raffaele Gavarro
Proprio quando pensavamo di esserci
lasciati
alle spalle le vischiose pesantezze
della
materia, finalmente liberi di
involarci nello
spazio-tempo digitalizzato e
virtuale, una
mano tanto risoluta quanto inopportuna
ci
ha ripiombato nella fisicità
più drammatica
e antica.
Tutto quello che la televisione
e i supermedia
avevano divorato - identità dei
luoghi e
differenze culturali, valore
della produzione
e specificità dei mercati, con
quello che
consegue - viene oggi ampiamente
rigurgitato
guastandoci l'illusione che il
più era fatto.
Così quella che appena dieci
anni fa era
una guerra inesistente, tanto
per fare un
esempio, oggi è proprio la televisione
a
renderla reale in tutta la sua
terribilità.
Strano poi che il luogo così
come le parti
in conflitto coincidano, quasi
fosse un'ironica
sottolineatura di come le cose
sono cambiate
solo nella nostra percezione,
ma non nella
realtà.
Comunque mai fidarsi troppo dei
sogni dell'uomo,
soprattutto di quelli che illudono
sulla
capacità di poter fare a meno
della zavorra
del corpo e che trattano la realtà
unicamente
come modello buono per l'elaborazione
di
un'immagine, sia anche quella
mirabile detta
di sintesi. Come al solito le
sottili e sensibili
antenne dell'arte hanno captato
per tempo
quest'imprevedibile quanto decisa
necessità
di ri-materializzazione del reale,
cercando
opportunità e modi per rientrare
in contatto
con quest'ultimo, ma soprattutto
per mostrarlo
e renderlo di nuovo credibile
per quello
che è.
Molto spesso, e per il momento,
l'opera si
pone infatti come una certificazione
di quella
che è la zona di realtà in cui
insiste, oppure
come la dimostrazione di un'esperienza
direttamente
provata e verificabile, il documento
delle
sue tracce. Quest'ultimo è il
caso di Angelo
Bellobono. Tutto il suo lavoro
è concettualmente
concentrato sulla fatica fisica,
sullo sforzo
cardiaco-muscolare, che diviene
un vero e
proprio paradigma esemplificativo
della condizione
dell'uomo. Naturalmente è un
paradigma contraddittorio
nei confronti di quella che è
la normale
situazione dell'uomo contemporaneo,
che non
ha in pratica bisogno di esercitare
quasi
nessuno sforzo per procurarsi
quello che
gli occorre per la sopravvivenza
e oltre.
Lo sport, la fatica sportiva,
diviene così
una sublimazione, ma anche un
memento, un
residuo tangibile delle capacità
di sopravvivere
nel mondo grazie alla nostra
velocità, forza
e abilità. La cosa che rende
questo ragionare
determinante nel nostro contesto
è l'esperienza
diretta che Bellobono ha della
fatica fisica,
essendo lui stesso un atleta,
uno sciatore
per la precisione. Una vita passata
sulle
piste in montagna e in palestra,
a studiare
nelle aule dell'Isef fisiologia
e meccanica
del corpo umano, a mettere a
punto programmi
per sfruttare i margini di miglioramento
e per tenere in stretta connessione
tecnica
e talento. Scoprire i propri
limiti e raggiungerli,
se possibile superarli. Questo
è in sintesi
il percorso di un atleta, di
una persona
che fonda l'esistenza sulle capacità
del
proprio fisico. Ovviamente anche
in quest'ambito
c'è stata l'immissione di una
buona dose
di virtualizzazione, con l'utilizzo
delle
nuove tecnologie e dei doping
di ultima generazione
che ne derivano. Un emblematico
fondersi
di aspetti tra loro sostanzialmente
estranei,
che si trovano a finalizzare
un desiderio
di distacco dell'uomo dalla propria
fisicità,
dai limiti che la qualificano.
Bellobono
cerca di mostrare tutte queste
dinamiche
dall'interno. La sua osservazione
è infatti
guidata dall'esperienza, grazie
alla quale
dirime la sequenzialità fisica
e temporale
dello sforzo arrivando ad isolarlo
come momento
espressivo dell'atleta.
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Angelo Bellobono "Clubber"
pastello su carta cm. 32 x 23
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Angelo Bellobono "Deposito chimico"
acrilici su tela cm. 146 x 101 |
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Angelo Bellobono "Fat freee world"
acrilici su tela cm. 40 x 40 |
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Angelo Bellobono "Feel good"
pastello su carta cm. 32 x 23 |
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Angelo Bellobono "Her"
pastello su carta cm. 32 x 23
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Quanto più Bellobono è riuscito a mettere
a fuoco e a concentrarsi su quest'aspetto
della questione, tanto più efficacemente
la sua rappresentazione ha perso lentezza
narrativa ed eccessi espressivi. La pittura
è infatti oggi caratterizzata da decise zone
monocrome, quasi astratte, in cui un particolare,
o poco più, di un volto emergono ai margini
della tela. La tensione dello sforzo si avverte
tanto nella fisionomica alterata, che appena
sotto la stesura monocroma, assimilata alla
velocità che è pari a quella dell'ombra che
passa nello sguardo il momento esatto dello
sforzo conclusivo.
Partito da esperienze di tipo
installativo
e fotografico, maturate in un
lungo soggiorno
negli Stati Uniti nella seconda
metà degli
anni novanta, Bellobono arriva
alla pittura
ritrovando quella fisicità con
cui ha dimestichezza.
Una dimensione che gradualmente
controlla
sempre di più, accentuando l'aspetto
elaborativo
e concettuale a sfavore della
semplice formulazione
dell'immagine. Il risultato di
questo procedere,
oltre che nei quadri è anche
nel video realizzato
per questa mostra e che funge
da corrimano
parallelo alla pittura. Si tratta
di una
sequenza con camera fissa, in
cui si vede
un tapis roulant vuoto che scorre,
mentre
il sonoro è costituito da un
battito cardiaco
rallentato. Anche qui il mezzo
video è tenuto
ad un livello espressivo minimo,
cercando
di dare più coordinate immaginative
che immagini.
D'altro canto la macchina ci
porta ad un
piano del reale inequivocabile.
È il referente
quotidiano dell'azione fisica
di quei personaggi
che intravediamo nei quadri.
Ma la cosa interessante
è che il tapis roulant è un oggetto
della
realtà che serve a simulare un
movimento
che di fatto ha finalità autoreferenziali.
In un certo senso si tratta di
un precipitato
fisico, reale, di un processo
di virtualizzazione
di un'azione naturale com'è il
camminare
e il correre. Tra pittura e video
si crea
quindi un fitto intrecciarsi
di riferimenti
e di funzioni. Una sorta di mutuo
assistenzialismo
di senso, in cui la presenza
umana nella
pittura completa l'immagine video,
mentre
la realtà di quest'ultimo fornisce
un preciso
dimensionamento all'umanità raffigurata
nei
quadri. L'uso sincronico di diversi
mezzi
espressivi è la conseguenza di
oltre un decennio
di mobilità linguistica praticata
dagli artisti,
in conseguenza alla necessità
di adattare
i diversi bisogni espressivi
con il modo
più efficace per esprimerli.
Qualcosa d'analogo
alla relazione funzionale che
c'è tra un
attrezzo e il muscolo che aziona,
come tra
una modalità di allenamento e
il risultato
che si vuole ottenere. Una semplice
relazione
di causa effetto, com'è per tante
cose della
vita reale.
Raffaele Gavarro
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