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Massimo Catalani
"Via Marmorata"
Tecnica mista 85x128
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Massimo Catalani
"Farnesina"
Tecnica mista 141x141
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Massimo Catalani
"Porta del Popolo"
Tecnica mista 186x66
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"La mia Roma"
E' passato un po' più di un decennio
dal
mio esordio artistico e, fino
ad ora, mi
sono guardato bene dal dipingere
architetture.
Le ultime erano per la tesi.
Composizione.
Troppo poca era la distanza da
quell'amore,
troppo calde alcune ferite, troppo
vivo il
dolore per alcune cose che avevo
visto. Avevo
preferito andare lontano, nelle
colonie d'oltremare,
dove all'orizzonte sabbioso ero
libero di
dare forma di paste o cipolle,
galline o
figure umane. L'architettura
era tornata
ad essere muratura, mera pasta
pittorica,
la mia vita scorreva più serena.
Avevo così
occultato il ricordo che nelle
città, non
ci sono solo le forme delle capanne
ed è
tutto maledettamente più complicato.
Ho dedicato molto di quegli anni
all'architettura
finchè non mi sono accorto che
quando si
gira intorno ad una preda da
cui si è predati,
facilmente si finisce per azzannare
ed essere
azzannati. Ora torno quì a cercare
di sciogliere
il morso e codificarlo in un
dialogo in cui
ognuno possa capire le ragioni
dell'altro.
Volevo troppo, lei mi ha voluto
dare troppo
poco, mi sono fortificato e forse
posso ancora
fare qualcosa. Forse lei mi vuole
ancora.
La mia Roma è quella che amo,
l'altra, naturalmente,
quella che odio.
Nella prima ci metto tutta la
città storica,
della moderna solo quella che
ha il coraggio
o la dignità di essere qualcosa.
Una mutevole forma urbana che
ha espresso
caratteri unici riconducibiliad
una idea
di "Romanità". Ci si
può ritrovare
in un angolo sconosciuto e sentire
di essere
a Roma.
Nella seconda ci metto tutto
ciò che è la
negazione della prima. La città
senza riconoscibilità.
La città dormitorio. La città
senza forma.
La città con una forma posticcia.
La città
provinciale che scimmiotta le
altre per paura
di essere sè. La città omologata
a tutte
le altre città (sfigate) del
mondo.
La mia Roma è a Piazza Navona,
naturalmente.
La mia Roma è, ovviamente, al
Tuscolano.
Entrambe le zone sono costruite
su un sistema
di entità urbane: una piazza,
delle strade,
delle vie principali, delle vie
secondarie.
Non cè bisogno di cartelli per
sapere dove
andare.
Non c'è, invece, la mia Roma
all'Olgiata
dove mi danno la mappina, a Palocco
dove
devo cercare tra sigle a tre
cifre, a Vigne
Nuove dove se muoio mi portano
via col sacco,
a Corviale dove non mi perdo
grazie a delle
super-portinerie, al Laurentino
dove ancora
non mi rispondono se chiedo "38
perchè?"
L'amore non va d'accordo con
la rabbia.
Sono meno deciso nel paragone
tra Vigna Clara
e Torre Angela ma stò studiando
e le porterei
con me. Lascerei affondare più
volentieri
i Parioli insieme certamente
a Tor Bella
Monaca. Meno male che almeno
la monaca era
bella.
Molto meglio la ristoratrice
cui fu dato,
dai cacciatori di uccelli di
passo che frequentavano
la zona, il nome di Garbatella.
Lei diede
il nome ad una vera e propria
Città Nuova.
Come la zona di Monte Sacro che
prende il
nome da una sorgente considerata,
appunto
sacra. Entrambe hanno delle piazze
vere,
vive, frequentate, come la Balduina,
quella
delle Medaglie d'Oro, o del Testaccio.
Più
difficile amare Piazza Mazzini
o dei Re di
Roma ma alle volte ci si deve
pur sforzare
un po' .... ma andiamo ad iniziare...
Dialogo è una delle parole chiave
di questo
nuovo lavoro, anzi due dialoghi.
Uno legato
ai concetti, di cui possiamo
parlare; l'altro
legato ai sentimenti che non
può esprimersi
per ragionamenti ma solo per
forme. Forme
di linguaggi o meglio di giochi
linguistici
in cui esprimere non è affatto
la stessa
cosa di comunicare. Esprimere
i sentimenti
è l'unica vera difesa da ogni
forma di alienazione.
Linguaggio è la seconda parola
chiave del
gioco. Linguaggio è un sistema
condiviso
di segni attraverso il quale
più entità danno
vita ad uno scambio di informazioni
o di
emozioni, o tutti e due contemporaneamente.
Conoscenza è un'altra parola,
la terza. Si
può conoscere in vari modi, si
possono leggere
dei verbali o si possono vedere
dei film.
I primi informano, i secondi
(se sono belli)
fanno ridere e piangere. Il linguaggio
dell'architettura
attiene al secondo caso.
Il Dialogo che c'è tra Linguaggio
e Conoscenza,
è il gioco che mi interessa.
Alcuni lo hanno
chiamato "Ermeneutica"
e sono sembrati
noiosi. Oggi, davanti al "Grande
Addormentamento"
ci rediamo conto che a qualcosa
serve.
Entra in scena la quarta parola:
Architettura,
serviva anche Lei, effettivamente,
a qualcosa.
Era connaturata con la vita dell'uomo
sulla
terra. Il primo vivente che ragionò
scelse
la sua grotta per ricovere sè,
la sua donna
e i suoi cuccioli. L'Uomo si
è dato un abito
per più di cinquemila anni, e
questo abito,
o meglio questi abiti hanno sempre
avuto
una forma.
L'ultimo grande sarto italiano
si chiamò
Benito. I sarti attuali, che
hanno ormai
smesso di fare i sarti, ci hanno
proposto,
una architettura senza forma.
Una strana
civiltà che non ha linguaggio,
non ha forma,
non dà emozioni, non porta conoscenza.
Oggi si continuano a manutenere
gli edifici
storici per i ricchi, si continuano
a costruire
periferie informi per i poveri
e ci si consola
con pezzettini griffati, con
della tecnologia
privata tra della desolazione
collettiva,
con una lenta fuga dalle città.
Si è costruito
e ci si è adattati a vivere senza
Forma,
senza Lingua, senza Senso, senza
Emozione,
senza Conoscenza.
La poesia e le speranze dei nostri
padri
e nonni sono gli ultimi rintracciabili
nel
tessuto delle nostre città; vado
con questo
lavoro a cercare le ultime tracce,
le ultime
forme, gli ultimi fuochi, di
una età dell'oro
che per ora è finita e che forse
i nostri
figli sapranno esprimere e reinventare.
Mi
interessa la forma e il perchè
di un cornicione,
di una finestra, di una balaustra,
lo stagliarsi
un terrazzo contro un cielo.
Dipingerò Roma con le materie
di Roma. Pozzolana
e Marmo bianco, Travertino e
sabbia del Fiume.
Le darò Luce e Ombra, Forma,
Colore e Materia.
Anche la Pittura ha una sua immanenza
ed
è sempre andata a braccetto con
l'Architettura.
Chi ce l'ha fatto fare a farle
smettere?
Venite signori, andiamo ad iniziare...
Porto Ercole, primo giugno 2002
Massimo Catalani
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Massimo Catalani
"Cumulo "
Tecnica mista 255x185
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Massimo Catalani
"Cirro"
Tecnica mista 68x80
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Massimo Catalani
"Cumulo"
Tecnica mista 27x38
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Massimo Catalani
"Basiluzzo e Dattilo"
Tecnica mista 188x84
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Massimo Catalani
"North Atlantic Ocean 2 "
Tecnica mista 70x100
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Massimo Catalani
"Palmarola da SW"
Tecnica mista 187x85
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