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È come se alla scena più bollente di 9 settimane
e 1/2, in realtà l’unica minimamente erotica
del film di Adrian Lyne, togliessero all’improvviso
la voce di Joe Cocker e le note dell’indimenticabile
You Can Leave Your Hat Hon, lasciando sola
sul set Kim Basinger. Col suo splendido corpo,
certo, con le sue movenze feline e la sua
inseparabile sottoveste, naturalmente, con
le sue bianche carni morbide, ovvio, ma in
silenzio assoluto. La grinta, l’aggressività,
il potere seduttivo della sequenza svanirebbero
di colpo, insieme al sonoro, e uno degli
strip più hot della storia del cinema lascerebbe
il posto a qualcosa di maggiormente raccolto,
meno spettacolare, più intimo. Addirittura
inadatto alla celluloide. Tolti il ritmo
e l’arroganza rock alla scena, la sensualità
sfrontata da sexy show o lap dance della
pellicola cederebbe il passo a un affetto
casalingo, da amanti appassionati e poco
più. Antonella Cinelli lavora proprio sulla cancellazione
del sonoro in una scena di calda intimità, si concentra sul silenzio degli affetti
e su questa sensualità intima, mai ostentata,
mostrata a tanti (la platea della pittura
non equivale a quella del cinema ma è decisamente
più che un romantico tête-à-tête) per parlare
a pochissimi, se non a uno solo. I suoi lavori raccontano di spogliarelli
pudichi senza parole e senza musica, di un
sex appeal semplice e spontaneo, di corpi
nudi che si offrono timidamente alla vista,
un po’ vergognosi un po’ dolcemente seducenti. Quando nel quadro è ritratto anche il volto
della modella, spesso lo sguardo della ragazza
raffigurata si volge a cercare quello dello
spettatore, lo guarda fisso per trovare una
tenera complicità, come se dall’altra parte
della tela non potesse che esserci una persona
soltanto, fidata e complice.
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Antonella Cinelli "Segrete Movenze",
2003
tecnica mista su tela
cm 140 X 200
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Antonella Cinelli "Calore", 2003
tecnica mista su tela
cm78 X 98 |
Quelle poche volte che gli occhi, presenti,
si negano e osservano altrove, è ovvio che
lo facciano per mandare un messaggio, sempre
a quella stessa persona, e che ne fuggano
l’incontro per mille possibili motivi, ma
probabilmente per una vezzosa ritrosia. Gli strip-tease dipinti dalla giovane artista
non incalzano, non eccitano, non sono costruiti
in un crescendo di torbide sensualità; quel silenzio rassicurante che li avvolge,
quel buio protettivo che in parte li nasconde,
quel taglio delle inquadrature che li fa
sempre vedere da troppo vicino, oltreché
leggermente deformati, dichiarano una comunanza
assoluta tra modella e osservatore, narrano
di un incontro d’amorosi sensi profondo e
vero, vissuto. Non sono messe in scena ma
strip rubati, osservati quasi casualmente,
presi di peso da una ripetitiva quotidianità.
In un curioso gioco di ruoli, l’autrice veste
gli abiti di un fedele compagno delle protagoniste
ritratte, e così le segue da vicino, con
un’intimità esagerata, con una complicità
assoluta. In un certo senso, l’opera della Cinelli
accarezza le modelle, le coccola, le consola,
le vede e conosce come nessun altro, a parte
un amante, potrebbe essere in grado di fare. Se qualunque spettacolo di spogliarello
risulta essere inevitabilmente teatrale,
dunque costruito, i quadri in questione sono
esattamente l’opposto, appaiono immediati,
venati da un dolce e acre sapore di realismo.
L’artista non mette a fuoco i corpi, non
li osserva e misura da una distanza ottimale:
ci si butta dentro, al fianco, li esplora
come solo a pochi altri sarebbe consentito
di fare. Da un palmo, descrive la pelle,
le carni, le linee della vita, della schiena
e del seno. E mentre tutto questo avviene,
non rimane nell’aria una sola parola. Non
c’è bisogno di parole. Qualunque inquadratura,
soggetto e luce appaiano sulla tela, è ovvio
che non ci sono stati rumori a interromperli.
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