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Vania Elettra Tam "Mi ricompongo in
arancio" 2004
olio e acrilico su tela cm. 120
x 80 |
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Vania Elettra Tam "Mi ricompongo in
blu" 2004
olio e acrilico su tela cm. 120 x 80 |
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Vania Elettra Tam "Mi ricompongo in
giallo" 2004
olio e acrilico su tela cm. 120
x 80
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Sosteneva il filosofo Nietzsche che l'arte
è il prodotto dell'unione di due elementi:
un grande realismo e una grande irrealtà.
Vania Elettra Tam, a dispetto (o in virtù,
dipende dai punti di vista) della sua età
artistica ancora felicemente giovane e avventurosa,
nella sua pratica creativa, almeno quella
più recente, questi due fattori dimostra
di saperli già manovrare con disinvoltura
e padronanza, sia a livello tecnico che concettuale,
esercitandoli sul fantasma del corpo (anzi,
addirittura, del proprio corpo), sull'oggetto
cioè primario dell'esistenza e consistenza
di ognuno come soggetto dotato di volontà
e reattività, come una sorta di antidoto
ed esorcismo al vuoto e al nonsenso.
E' realista quanto basta, applicandosi
a
un esercizio di assoluta fedeltà
rappresentativa,
senza concessioni ad altre intenzioni
e invenzioni
che non siano inscrivibili all'interno
di
una rigorosa riconoscibilità
della figura
umana e di quanto ad essa appartiene
e compete.
E', al tempo stesso, irrealista
avendo coraggiosamente
intrapreso un essenziale percorso
di ricerca
in se stessa della propria "verità",
che la porta ad esporsi senza
imbarazzo come
exemplum di un processo di progressivo
snaturamento
e svuotamento del soggetto delle
sue più
specifiche qualità umane (sensibilità,
senso
critico), avvertito e patito
oggi più di
sempre sulla scena della società
contemporanea
dall'individuo, uomo o donna
che sia, in
nome di un'assoluta omologazione
agli algidi
modelli di successo più vulgati.
Forte di risorse tecniche abilmente
controllate,
assieme a una coscienza lucida
e determinata
del proprio ruolo come donna
e come artista,
Vania costruisce in questo modo
un discorso
in cui in giusta dose si mescolano
e vicendevolmente
si commentano compiacimento e
distanziazione,
piacere estetico e ironia, in
un gioco formale
che, se anche potrebbe risultare
temerario
per l'alto rischio comportato
dall'audacia
dell'autoesposizione nella variazione
praticamente
infinibile del modello rappresentato,
appare
al tempo stesso non poco seducente
e intrigante
per il fatto stesso di proporsi
attraverso
la pratica dell'autocitazione
in chiave di
ricupero quasi di memoria antropologica
insidiata,
in una sorta di riconsacrazione
e sacramentalizzazione
del corpo e delle sue funzioni,
oltre che
delle ancor più essenziali qualità
intellettuali
e spirituali.
In effetti, è proprio questa
scelta ardita,
l'autorappresentazione, che attraverso
la
ripetizione ed invenzione sul
tema finisce
per liberare il corpo stesso
dalla condizione
di medium facendolo diventare
generatore
di pensieri formali continuamente
nuovi e
sorprendenti in un processo di
infinitizzazione,
che, a dispetto della sua apparentemente
piana leggibilità e semplicità,
si rivela
alla lunga sovradeterminato,
non meno di
quanto per definizione sono sovraderminate
le rappresentazioni dei sogni.
VINCENZO GUARRACINO
Poeta e critico letterario e d'arte
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Vania Elettra Tam "Mi ricompongo in
rosso" 2004
olio e acrilico su tela cm. 120
x 80
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Vania Elettra Tam "Mi ricompongo in
verde" 2004
olio e acrilico su tela cm. 120
x 80 |
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Vania Elettra Tam "Mi ricompongo in
viola" 2004
olio e acrilico su tela cm. 120
x 80 |
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Vania Elettra Tam "Mi metto la seconda"
2004
olio e acrilico su tela cm. 120 x 60 |
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Vania Elettra Tam "Mi metto la terza"
2004
olio e acrilico su tela cm. 120 x 60 |
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